Quanto può costare una tazzina di caffè? Questione di “scelte”

Quanto può costare una tazzina di caffè? Questione di “scelte”

Un tema, questo, sempre più caldo, soprattutto in questo ultimo periodo, anche a seguito della recente vicenda che ha visto coinvolto il pluripremiato campione barista e assaggiatore Francesco Sanapo e il suo “decaffeinato a 2,00 €” e della quale si è molto discusso nel mondo caffè e non solo. Il discorso è piuttosto ampio e complesso ma andiamo per gradi.

Il caffè è la seconda commodity più commercializzata al mondo dopo il petrolio, ma nonostante questo, o forse proprio per questo, a ciò si contrappone una cultura del caffè che, ancora oggi, risulta, per certi versi, superficiale. Il caffè nell’immaginario collettivo, infatti, è ritenuto un prodotto ‘piccolo’, semplice e viene spesso percepito come un prodotto statico, senza sfumature di varietà e qualità (e, quindi, di prezzo) al suo interno.

Qui si aggancia il tema del “costo del caffè”. Il nodo della questione, però, non è soffermarsi sul fatto che il prezzo debba essere più o meno alto e sempre uguale, bensì uscire da questa sorta di immobilismo che ci porta, spesso, a dire che “un caffè deve costare poco per forza e debba avere sempre lo stesso prezzo”. Il punto è che possa essere riconosciuto un prezzo ‘diverso’ per caffè che sono diversi, che giustifichi un lavoro, una ricerca, uno studio, insomma delle scelte (a monte) operate da chi decide di offrire un prodotto, appunto, ‘diverso’. Perché contrariamente a quanto si pensi, anche nel caffè c’è diversità, eccome!

Pochi sanno, infatti, che dietro alla parola caffè c’è un mondo fatto di varietà botaniche, varietà e qualità del chicco, zone e metodi di coltivazione e lavorazione, tutti fattori da cui i torrefattori non possono prescindere quando tostano il caffè che prendiamo al bar. Per ottenere quella minima dose di prodotto, infatti, sono necessari moltissimi passaggi, fatti di consapevolezza e scelte imprenditoriali ben precise. Chi sceglie di operare in un certo modo lo fa per trasmettere un messaggio, per far capire a chi beve il suo caffè che quelle scelte, a monte, sono state fatte davvero. Scelte che lui crede sappiano fare la differenza. Scelte, che, inevitabilmente, possono essere, però, comprese solo da una cultura che le sappia riconoscere, attribuendo a queste il giusto valore.

piccolo esempio: quante volte, ad un ristorante, alla nostra richiesta di poter bere del vino rosso, il cameriere ci ha elencato le diverse proposte, con i diversi prezzi, per quello stesso prodotto? Il concetto è lo stesso, creare cultura per il mondo del caffè. La questione non è che sia giusto o sbagliato scegliere un livello qualitativo piuttosto che un altro (e quindi un prodotto con un livello di prezzo piuttosto che un altro), ma avere un consumatore che sia in grado di comprendere e fare una scelta consapevole, senza essere influenzato da un range di prezzo “che è sempre stato così” a prescindere.

Crediamo che questo possa essere la base per una virtuosa cultura del caffè nel nostro Paese, fondamentale, a nostro avviso, per poter dare dignità al prodotto in sé, allineandolo con gli altri settori, e per riconoscere valore a chi opera scelte di un certo tipo proprio su uno dei prodotti che più conosciamo e amiamo.

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